La pelle ci contiene: raccoglie e protegge il nostro interno, lo tutela dall’esterno e al contempo lo mette in relazione con esso. Permette di stabilire un contatto: è il luogo di incontro e di scambio. La pelle, ricca e densa di recettori, registra le prime informazioni sensoriali e conserva le prime esperienze relazionali: è il confine che ricorda come siamo stati accarezzati, tenuti a distanza o abusati. É la tela segnata dalla nostra storia, che illustra e racconta la nostra identità, ci definisce, parla di noi. La solidità dell’io è come la nostra pelle, più o meno capace di essere quel necessario e delicato involucro che avvolge e riveste il nostro apparato psichico e i suoi contenuti e filtra il mondo che ci circonda. L’io come la pelle può essere violato: portare i segni e le tracce di un’occupazione, di una colonizzazione, di un limite che non è stato rispettato e amato. La pelle può allora diventare la tela che viene brutalmente incisa, martoriata, bucata, il luogo dell’assedio dell’Altro, delle sue indelebili e dolorose tracce, che lacerano la possibilità di potersi ancora sentire, incontrare, toccare, contattare, accettare, amare e lasciarsi amare.
La relazione così come ha il potere di ferire, può, allo stesso modo, lenire, curare, riparare quel confine danneggiato.
Camille, protagonista di Sharp Objects, interpretata da una sublime Amy Adams, è il l’intimo e potente racconto di questo e molto altro.